Né acqua né vita, su un pianeta secco come Venere
A prima vista, Venere e Terra sembrano fratelli: vicini, simili per dimensioni ed entrambi rocciosi. Oltre una spessa coltre di nubi, Venere nasconde però un inferno, con temperature superficiali che raggiungono i 500 gradi centigradi. Nonostante queste condizioni estreme, per decenni, gli astronomi si sono chiesti se questo pianeta, come oggi la Terra, ospitasse un tempo oceani e quindi la vita.
Una nuova analisi sulla composizione chimica dell'attuale atmosfera venusiana suggerisce che questo mondo sia nato arido e inabitabile.
Esistono due principali teorie, basate su modelli climatici, su come Venere possa essersi evoluto in 4,6 miliardi di anni durante la formazione del Sistema solare. La prima sostiene che le condizioni sulla superficie di Venere fossero un tempo abbastanza temperate da supportare acqua liquida, ma che un effetto serra incontrollato e innescato da un'intensa attività vulcanica, lo abbia trasformato in un forno rovente. La seconda teoria è che Venere sia nato già caldo e che l'acqua liquida non sia mai riuscita a condensarsi sulla sua superficie.
Un gruppo di ricercatori ha calcolato quanto rapidamente molecole di acqua, anidride carbonica e solfuro di carbonile vengono distrutte nell'atmosfera di Venere. Questi gas, per mantenere l'atmosfera stabile, devono essere reintegrati da emissioni provenienti dall'interno del pianeta, rilasciate durante le eruzioni vulcaniche.
I dati raccolti indicano che i gas vulcanici su Venere contengono al massimo il 6% di acqua, un valore estremamente basso rispetto alla Terra, dove le eruzioni vulcaniche rilasciano principalmente vapore acqueo.
Le eruzioni “secche” su Venere suggeriscono dunque che anche l’interno del pianeta è disidratato. Con riserve idriche così scarse, è difficile immaginare che Venere abbia ospitato oceani e una vita simile a quella terrestre. Questi nuovi dati, uniti alla missione DAVINCI della Nasa - che partirà entro la fine di questo decennio - potrebbero sciogliere ogni dubbio, restringendo la ricerca su pianeti che hanno maggiori probabilità di supportare la vita come la conosciamo.